domenica 26 maggio 2013

La Meloria

Storia
In questa pagina sono forniti alcuni cenni storici sull’Area delle Secche della Meloria. Ci auguriamo che possano essere di incentivo per ulteriori approfondimenti.
La torre della meloria
La Torre della Meloria sorge in una zona di bassifondi e scogli affioranti dal Mar Ligure (Secche della Meloria), a circa 7 chilometri al porto di Livorno. Sono state luogo di numerosi naufragi ed in queste acque giacciono i relitti di numerose navi militari e civili che fanno delle Secche un sito archeologico sottomarino di primaria importanza. Dai documenti storici risulta che,
a seguito dei frequenti naufragi di imbarcazioni che si dirigevano verso il porto pisano, la Repubblica di Pisa, circa a metà del XII secolo, decise di erigere una torre che fungesse da punto di vedetta contro improvvisi attacchi saraceni ed, allo stesso tempo, segnalasse la presenza delle pericolose secche. La torre, costellata da fiaccole accese, rappresentava per i marinai una lanterna (così veniva infatti chiamata) nella notte.
Nel 1284 venne distrutta dai genovesi nella celebre battaglia della Meloria e venne ricostruita nel 1598 per volontà del Granduca Ferdinando I de’ Medici. Successivamente venne abbattuta dalla forza del mare e nel 1712 venne riedificata sotto Cosimo III, Granduca di Toscana: la struttura, a base quadrata, si erge per 15 metri e poggia su quattro pilastri uniti da 4 archi ogivali utili a ridurre l’impatto delle onde sulla torre stessa.

Lapide sulla facciata sud della Torre (1712) - “PRO NAVIGANTIUM SECURITATE AD LATENTES SCOPULOS EVITANDOS”
Lapide sulla facciata sud della Torre (1712) - “PRO NAVIGANTIUM SECURITATE AD LATENTES SCOPULOS EVITANDOS”

Sulla facciata che guarda a sud il granduca fece apporre una lapide in cui si legge “PRO NAVIGANTIUM SECURITATE AD LATENTES SCOPULOS EVITANDOS”, ovvero “Per la sicurezza dei naviganti, affinché evitino gli scogli nascosti”.

Il faro eretto nel 1867
Il faro eretto nel 1867
Il faro eretto nel 1867 e sullo sfondo la Torre
Il faro eretto nel 1867 e sullo sfondo la Torre 
Priva di un moderno sistema di segnalazione con illuminazione notturna per i naviganti, nel Maggio 1867 venne affiancata da un faro in metallo alto venti metri.
La Torre e sullo sfondo il faro eretto nel 1867
La Torre e sullo sfondo il faro eretto nel 1867
Luglio 1982 - La struttura della Torre è seriamente compromessa
Luglio 1982 - La struttura della Torre è seriamente compromessa

Attualmente le secche sono segnalate da due fari e una meda elastica ad alimentazione fotovoltaica. Per maggiori informazioni consultare il sito della Marina Militare.
Il faro all’estremità sud e la TorreIl faro all’estremità nord1988 La Torre ristrutturata
Per secoli la torre venne abbandonata al logorio delle tempeste, senza ricevere alcuna manutenzione, tanto che, nel 1980, presentava una condizione statica disastrosa con le colonne corrose da oltre duecento anni di mareggiate. L’importanza storico-architettonica del monumento spinse il mondo culturale livornese e pisano a fare pressione sull’Amministrazione Regionale per un intervento di salvataggio. Nel 1986 la Provincia di Livorno è quindi intervenuta consolidando i pilastri e riportando la torre al vecchio splendore.

La Battaglia della Meloria
Il cosiddetto “Altorilievo di Portoria” raffigurante Porto Pisano con le catene che ne chiudono l’imboccatura - Per gentile concessione: Antonio Figari (isegretideivicolidigenova.com)
Le Secche della Meloria sono famose per la celebre battaglia navale che si svolse nelle loro vicinanze il 6 Agosto del 1284 tra la flotta della Repubblica di Genova e quella della Repubblica di Pisa. La battaglia fu vinta dai Genovesi e la sconfitta dette inizio al lento declino di Pisa come potenza marinara e sancì il predominio genovese sulle acque del Mediterraneo.
Particolare dell’“Altorilievo di Portoria”: le catene che chiudono l’imboccatura di Porto Pisano - Per gentile concessione: Antonio Figari (isegretideivicolidigenova.com)
Lo scontro venne scatenato alcuni giorni prima da un attacco dei pisani mentre buona parte della flotta genovese era occupata in Sardegna, terra di cui le due città si contendevano il dominio. In quel contesto Benedetto Zaccaria riuscì a mettere in fuga i pisani con l’astuzia: infatti, trovandosi in netta inferiorità numerica di navi, retrocesse verso le coste ligure dove però i toscani trovarono altre 68 galee a difendere la città. Prima di ritirarsi la flotta pisana scagliò una pioggia di frecce argentate in segno di sfida. La risposta arrivò il 6 agosto, proprio il giorno in cui si festeggiava il Santo Patrono di San Sisto nella città pisana.
Si narra che durante la cerimonia per la benedizione delle navi, il bastone con la croce d’argento dell’Arcivescovo si sia spezzato: nessuno però fece caso al segnale premonitore in quanto San Sisto era l’anniversario di una trentina di passate vittorie nella storia della Repubblica.
Bassorilievo posto sulla Cattedrale raffigurante due galee che escono da (forse) Porto Pisano, vedi nota [2] - Foto: Akensoft
Per la flotta ligure si distinguevano due schieramenti principali: le 63 galee guidate Oberto Doria, pronte all’attacco diretto, mentre un gruppo di altre 30 navi erano guidate da Zaccaria e rimasero in disparte[1] per cogliere di sorpresa i pisani. Questi ultimi erano guidati dal Podestà Morosini da Venezia e dal Conte Ugolino della Gherardesca.
Forti di una superiorità di ben 9 navi rispetto alle 63 della flotta genovese (escluse quelle che si erano nascoste), i pisani decisero di uscire dal porto per rispondere all’attacco.
Le tecniche di guerra del tempo erano quelle di scagliarsi contro qualsiasi tipo di munizione e oggetto lesivo come pece bollente o calce viva, mentre si tentava l’abbordaggio delle navi dopo averle speronate col rostro di cui le galee erano munite. Gli scontri erano molto irruenti e sanguinosi.
 Bassorilievo posto sulla Torre pendente raffigurante due galee che entrano in (forse) Porto Pisano, vedi nota [2] - Foto: Akensoft
Dopo qualche ora di conflitto arrivarono le altre 30 navi genovesi, finora nascoste, per dare il colpo di grazia ai toscani. In particolare, con un filo teso tra due navi, venne tranciato l’albero dell’ammiraglia per cui l’insegna dei Morosini fu strappata.
Le uniche navi che si salvarono furono quelle comandate dal Conte Ugolino della Gherardesca che fu anche accusato di tradimento e abbandono della battaglia.
I morti in battaglia furono cinquemila, mentre i prigionieri furono circa diecimila tra cui il Podestà stesso e il celebre Rustichello che aiutò Marco Polo a scrivere “Il Milione”, che furono portati nel quartiere genovese che prese il nome di Campopisano: “Andate a Genova, se volete veder Pisa”, si diceva dopo quella battaglia. Dopo 13 anni di grandi sofferenze i superstiti vennero liberati. Dei circa diecimila prigionieri portati a Genova, solo un migliaio circa tornò in patria. Il toponimo Campo Pisano identifica tuttora una zona di Genova vicina al porto.
title="Pisa, Camposanto Monumentale. Le catene di Porto Pisano restituite da Firenze (a sinistra) e da Genova (a destra) - Per gentile concessione: Franco Bampi (francobampi.it)"

La pace venne firmata dalla Repubblica di Pisa soltanto nel 1288 con condizioni pesantissime, tra cui la rinuncia alla Corsica. Pisa rispettò parzialmente questo trattato di pace, tanto che Genova nel 1290 distrusse il Porto Pisano. La grande catena posta a protezione dell’ingresso del porto di Pisa fu portata a Genova, spezzata in varie parti che furono appese a Porta Soprana e in varie chiese e palazzi della città. Furono restituite a Pisa solo il 22 Aprile 1860 e da allora sono conservate nel Camposanto Monumentale. Parti di queste catene furono donate dopo la presa dai Genovesi ai Fiorentini, anche loro nemici dei Pisani, e furono restituite a Pisa nel 1848. Anche queste catene sono esposte nel Camposanto Monumentale, accanto a quelle restituite dai Genovesi. L’anello della catena conservato a Moneglia (GE) non fu restituito ed è tuttora conservato all’esterno della chiesa di Santa Croce.
L’anello della catena di Porto Pisano ancora visibile sulla facciata della chiesa di Santa Croce a Moneglia (GE) - Per gentile concessione: Franco Bampi (francobampi.it)Nonostante la pesante sconfitta subita gli scontri tra Genova e Pisa continuarono ancora per anni.
La battaglia della Meloria segnò l’inizio del declino di Pisa come potenza marinara che culminò con la perdita della Sardegna pisana a favore degli Aragonesi nel 1324. Perso il potere sul mare, la Repubblica iniziò a consolidare quello terrestre, mantenendo la sua indipendenza e il dominio della costa toscana e oltre fino al 1406, quando fu conquistata per la prima volta dalla Repubblica fiorentina. Ma questa è un’altra storia...

[1] Non è ancora del tutto chiaro dove si fossero nascoste le 30 navi guidate da Zaccaria. Le ipotesi più ricorrenti sono quelle che si trovassero dietro lo Scoglio della Meloria oppure all’interno di una insenatura della frastagliata costa livornese. La prima ipotesi è poco credibile se pensiamo alla Meloria come l’insieme di scogli semi affioranti dall’acqua che vediamo adesso ma potrebbe avere maggior credito se, come risulta dalle testimonianze di autori antichi quali Plinio, Tolomeo e Namaziano, la Meloria nell’antichità fosse stata un’isola (non sappiamo quanto grande) di fronte alla costa livornese. Si può quindi ragionevolmente pensare che anche all’epoca della battaglia quest’isola esistesse ancora, anche se non conosciamo la sua superficie, e che possa aver nascosto alla vista pisana le navi genovesi.

[2] Riguardo i bassorilievi posti in Piazza del Duomo, uno è posto accanto a una finestra dell’abside sud della Cattedrale. È posto in verticale e in questa pagina la foto è stata ruotata per una migliore visualizzazione. Quello della Torre è posto alla destra della porta d’ingresso. Quello della Cattedrale rappresenta due galee che sembrano allontanarsi dalla costruzione centrale. Quello della Torre mostra due galee che sembrano dirigersi verso la costruzione centrale. Proprio sul reale significato della costruzione centrale esistono varie interpretazioni. Chi afferma che si tratti di Porto Pisano, chi del faro di Alessandria, altri ancora che si tratti di Gerusalemme. Un’altra interpretazione afferma che non si tratti di un luogo reale ma che i due bassorielivi siano un’allegoria religiosa. In mancanza di fonti certe, qualsiasi ipotesi è valida.


Nota sull’“Altorilievo di Portoria” - L’altorilievo prende il nome dal quartiere Portoria di Genova. È stato per secoli murato all’esterno di una delle case abbattute nel XX secolo all’angolo tra vico Dritto di Ponticello e via dei Servi, nei pressi della Casa di Colombo. Attualmente si trova ora nel museo di Sant’Agostino.

I fantasmi di Campo Pisano - Si narra che le anime senza pace dei prigionieri pisani siano ancora presenti nella zona e c’è chi afferma che nelle notti di tempesta si possano ancora scorgere le sagome dei prigionieri pisani che in catene risalgono la scalinata che dalla Marina porta in Campo Pisano... (tratto dawww.isegretideivicolidigenova.com)

La salita che porta dalla Marina a Campo Pisano. Nel 1284 fu percorsa dai prigionieri pisani in catene - Per gentile concessione: Antonio Figari (isegretideivicolidigenova.com)Targa di Campo Pisano a Genova - Per gentile concessione: Antonio Figari (isegretideivicolidigenova.com)Campo Pisano oggi - Per gentile concessione: Antonio Figari (isegretideivicolidigenova.com)

Livorno
In questo periodo storico Livorno non era altro che un borgo, il cui nome “Liburna” è documentato per la prima volta intorno all’anno 1000. Questo villaggio pare si sia sviluppato nel tempo, inizialmente come punto di rifornimento delle navi pisane, acquisendo sempre più importanza col progressivo insabbiamento del Porto Pisano. Sotto il Doge Pietro Gambacorti, Pisa ne decretò la fortificazione con mura simili a quelle che circondavano la città pisana nel 1392.
Sarà comunque soltanto dopo l’avvento dei Medici in Toscana che Livorno comincerà uno sviluppo come vera e propria cittadina: in particolare dal 1577 da quando Cosimo de’ Medici ne fece uno dei più importanti porti sul Mediterraneo; sotto il figlio Ferdinando I, Granduca di Toscana dal 1587 fu proclamato “porto franco” e dal 1590 al 1603 furono emanate le Leggi Liburnine che garantivano privilegi a coloro che si fossero stabiliti a Livorno ed alle quali si devono anche i futuri sviluppi di cittadina cosmopolita e multirazziale. Infine il 19 marzo del 1606 il Granduca elevò Livorno al rango di città.

L’incidente aereo - 9 Novembre 1971
Il 9 Novembre del 1971 avvenne presso le Secche della Meloria il più grave incidente aereo delle Forze Armate Italiane in tempo di pace.
L’aereo (un Lockheed C-130 Hercules della Royal Air Force e condotto da equipaggio inglese – nome in codice “Gesso 4”) era partito all’alba dall’aeroporto di Pisa San Giusto con altri nove velivoli per raggiungere Villacidro in Sardegna nell’ambito dell’esercitazione militare NATO denominata “Cold Stream”.
Pochi minuti dopo il decollo il velivolo si inabissò presso le Secche della Meloria, per cause che non sono state ancora del tutto chiarite.
Nell’incidente persero la vita 46 paracadutisti della Brigata Folgore di Livorno ed i 6 membri dell’equipaggio inglese. Nel corso delle operazioni di recupero dei corpi perse la vita un sottufficiale del 9° Btg. Par. Sab.
Per chi volesse approfondire si segnalano i seguenti video su YouTube: video 1 e video 2.

Riferimenti bibliografici
  • Borchardt R., Pisa, Solitudine di un impero, Pisa: Nistri-Lischi, 1965
  • Martini D. G., Gori D., La Liguria e la sua anima, Savona, Sabatelli Editori, 1965.
  • Donaver F., Storia di Genova, Genova, Nuova Editrice Genovese, 1990.
  • Vaccari O., Frattarelli Fischer L., Bettini M., Mangio C., Panessa G., Storia illustrata di Livorno, Pisa, Pacini Editore, 2006.
  • Borghi L., Interrogativi sull'ubicazione dell'antico porto di Pisa romana e dei primi secoli della Repubblica Marinara, Pisa, Accademia dei Disuniti e Comune di Pisa, 2006.
  • Banti O., Storia illustrata di Pisa, Pisa, Pacini Editore, 2010.
Riferimenti web
  • Una ricca ed esaustiva bibliografia su Pisa medievale è disponibile sul sito di Enrica Salvatori, Ricercatrice in Storia Medievale presso l’Università di Pisa.
  • La vicenda delle catene di Porto Pisano può essere letta sul sito di Franco Bampi, che riporta anche una serie di interessanti trascrizioni di documenti del 1860 relativi all’iter della restituzione.
  • Il sito gestito da Antonio Figari è veramente interessante e mostra la città di Genova da un punto di vista inedito e “alternativo”. Non è il solito sito didascalico e merita una lettura approfondita.

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